Quando i genitori denunciano il proprio figlio
“Che tipo di società stiamo consegnando ai nostri figli?”
“Ragazzo di 18 anni investe e uccide un turista in bicicletta, poi torna a dormire: i genitori lo denunciano
Non li convince il racconto del figlio e tornano sul luogo dell’incidente. Qui trovano i Carabinieri e fanno il nome del figlio”
Il link dell’articolo da cui ho tratto il drammatico fatto:
Ho intercettato questo articolo in rete e mi è venuto subito alla mente il film di Virzì “Il capitale umano” in cui si verifica un incidente più o meno simile a questo raccontato dall’articolo linkato, e spesso i registi si ispirano a fatti di cronaca, letti sui giornali, per poi realizzare le loro opere e così ha fatto anche l’altro regista De Matteo con “I nostri ragazzi”. Due pellicole molto interessanti e direi necessarie, una fotografia spietata e senza troppi ritocchi di una gioventù “bene” a cui tutto in qualche modo viene concesso e perdonato e dove la fragilità degli adulti diventa responsabile delle azioni scellerate e criminali dei figli.
Mi sono detta che questi genitori devono essere molto coraggiosi ed eroici nel compiere un atto del genere e col loro gesto di denuncia del figlio dimostrano un grande amore nei suoi confronti, proprio perché sanno che dovranno privarsi del figlio e forse anche del suo amore in quanto egli non capirà subito, e forse mai, la grandezza di questo gesto a fronte di un’accusa di omicidio stradale e di omissione di soccorso.
Questi genitori avrebbero potuto parlare col figlio e fare in modo che si consegnasse lui stesso ai Carabinieri , ma ciò non è avvenuto e chiaramente ciò pone l’interrogativo del perchè abbiano preferito andare loro dai Carabinieri e denunciare il figlio.
Alla domanda “Lo conosci tuo figlio?” questi genitori evidentemente non hanno dubbi nella risposta , perché “Sì” loro conoscono il figlio , conoscono le sue fragilità, sanno che le parole del figlio vanno decodificate e si sono resi conto che nel racconto di questo figlio , qualcosa li ha allertati sino ad andare alla fonte della verità , sino a voler vedere con i loro occhi quello che è accaduto perché nelle parole del figlio hanno colto qualcosa di inquietante pur nella loro normalità, forse “troppo” – esagerata normalità.
Non conosco i rapporti tra questi genitori e il loro figlio e non si può interpretare , ma come madre che si fa in continuazione domande sulla propria genitorialità e sulla propria (in-) adeguatezza in quanto genitore , in questo caso e guardando all’esito di questa storia di cronaca mi viene da pensare che questo brutto epilogo abbia delle cause “altre” da ricercare, così come anche la dipendenza del figlio da alcool e droghe, come si evince dall’articolo, e chissà quante tribolazioni questi genitori hanno dovuto affrontare nel tempo sino alla loro ultima decisione di denunciare.
I genitori hanno il compito di crescere i propri figli , ma poi ad un certo punto devono “lasciare andare” perché questo vuol dire consentire che i figli diventino autonomi e diventino adulti , uomini e donne indipendenti e capaci di gestirsi nel mondo , dice Kahlil Gibran “Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani” e in questo caso questi genitori sanno esercitare bene il loro ruolo , sanno che non possono diventare passivi complici di un’azione scellerata e criminale del figlio , rompono lo schema che vi sia una nemesi secondo la quale “ le colpe dei padri ricadono sui figli” e svolgono un atto di grande amore e di grande responsabilità individuale e sociale in cui il messaggio che arriva è “essere genitore” vuol dire soprattutto assumere una veste morale, quando è necessaria, e saper assumersi la responsabilità di fare qualcosa in maniera consapevole anche se molto dolorosa e contraria all’irresponsabilità filiale .
Questa storia ci rimanda alla complessità della dinamica genitori-figli , in un’epoca in cui spesso si parla di genitori “ultra-protettivi” , di madri “totali” e di “padri mammosi” , credo che invece si debba iniziare a pensare ad uscire dai tanti luoghi comuni e stereotipati sulla genitorialità , riflettendo sui recenti cambiamenti sociali e senza rinunciare alle sfide educative che un genitore deve e può accogliere per porsi una domanda per me fondamentale , ossia “Che tipo di società stiamo consegnando ai nostri figli?” e alla ricerca della risposta, o delle risposte, non ci si può sottrarre e questi genitori non l’hanno fatto, fornendo un “esempio” struggente e denso di significati per ogni genitore di questi tempi.
“Essere d’esempio” come genitore, non vuol dire “essere perfetti” perché questo sarebbe un messaggio devastante e spesso vediamo che lo è, credo che invece possa aiutarci il recuperare una dimensione più “morale dell’essere”, che si interroghi di più “su chi siamo” per noi e per gli altri e su quanto “l’essere una risorsa” anche per i nostri figli, ad esempio, possa passare dal cercare di essere migliori (non perfetti) per noi stessi e per una più estesa e reale convivenza sociale.
Stefania Cavallo
31 agosto 2017
Nota : questo caso ripropone il tema del “dilemma” ( vd. ad es. il cosiddetto dilemma corneliano) ossia una scelta impossibile tra due valori ugualmente importanti e condivisibili l’uno come l’altro , il “dovere” da un lato e “l’amore” dall’altro.
Un dilemma , qualunque sia l’opzione scelta, avrà delle conseguenze comunque negative.
Non si tratta di una “scelta” , anche nel nostro caso specifico, che implicherebbe più possibilità, ma di un “dilemma” con due possibilità che si escludono l’una con l’altra . (vd. tragedie raccontate da Corneille ecc.) .
Nel nostro caso, i genitori sanno bene che denunciando il figlio lo accompagneranno al carcere per scontare la sua pena , lo perderanno, ma sanno anche che se non lo faranno (e non sono poi così sicura che vi siano genitori che si comportino secondo la prima opzione) dovranno vivere con questo delitto e questo peso sulle loro coscienze, a fronte dell’amore filiale.
Questa intervista del regista Ivano De Matteo relativa al suo bel film I nostri ragazzi mi sembra calzi molto bene a quanto detto sino ad ora: